Il Pnrr è una proficua opportunità per riorganizzare e potenziare la medicina del territorio dal punto di vista formativo e professionale
“Il Pnrr indica le Case di Comunità come punti strategici di erogazione dell’assistenza sanitaria primaria secondo una presa in carico globale ed un approccio bio-psicosociale. Tuttavia, non basta creare meri contenitori per garantire una risposta efficiente ai bisogni di salute, ma è necessario riempirli di contenuti, ovvero di professionisti preparati secondo quest’ottica. Per cambiare i modelli organizzativi, infatti, è necessario partire dai modelli formativi”. È questa l’indicazione che arriva da Aim, Sigm, Federspecializzandi e Movimento Giotto in un comunicato congiunto. Per gli specializzandi bisogna porre le basi “per formare in modo efficace i profili professionali indispensabili a governare il cambiamento, ovvero medici di famiglia, pediatri di libera scelta, dipartimenti di prevenzione, medici di sanità pubblica, geriatri e i medici di comunità e cure primarie”. O tutto sarà inutile
A questo, ricordano, si accompagna il fatto che la transizione demografica, epidemiologica e sociale, in atto da tempo, manifesta la necessità di un’assistenza primaria volta ad un modello proattivo, incentrato sulla promozione della salute e sulla prevenzione, e a dare risposta ai rinnovati bisogni di salute della popolazione, determinati dalla crescente prevalenza delle patologie croniche e delle multi-morbilità. Ma aggiungono è inoltre “doveroso riconoscere il ruolo fondamentale che i medici di medicina generale svolgono ogni giorno. Risulta altresì necessario ridiscutere le esigenze di un sistema territoriale che vive una carenza cronica di professionisti e problemi strutturali che rendono più urgente che mai un cambio di rotta. In questo contesto, il Pnrr è una proficua opportunità per riorganizzare e potenziare la medicina del territorio dal punto di vista formativo e professionale partendo dalla disamina delle criticità slatentizzate dall’emergenza”.
Tra gli obiettivi da raggiungere ci sono, in primo luogo il rinnovamento culturale e scientifico della medicina generale, “che deve avvenire attraverso una riforma della formazione, ancorata tuttora ad un sistema formativo non universitario, frammentato in corsi regionali estremamente variabili, poco professionalizzante, nel quale mancano dottorati di ricerca, un Settore Scientifico Disciplinare (Ssd) o un dipartimento universitario di cure primarie ed un core curriculum che stabilisca in modo univoco competenze da acquisire, obiettivi formativi da raggiungere e prove formali di verifica”.
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